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Festa della dedicazione della chiesa di san Paolo

Dal vangelo secondo Giovanni

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».
I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

(Gv. 2, 13-22)

E’ una festa importante per la nostra comunità. Ricordiamo infatti la dedicazione della nostra chiesa, evento molto antico che risale a circa ottocento anni fa. Nasce infatti come uno dei più antichi conventi domenicani e tracce di questa origine le troviamo ancora negli affreschi conservati alla base del campanile. Naturalmente in ottocento anni la nostra chiesa ha subito molte trasformazioni. Tracce evidenti sono le tante sovrapposizioni di stili che ci parlano dei diversi tempi della sua storia.

Veniamo dunque da lontano! Quanta gente avrà pregato in questa nostra chiesa? Certamente milioni di persone saranno venute qui, come noi in questo giorno. Come noi avranno amato queste mura e ne avranno avuto cura. Nei secoli l’hanno arricchita della presenza di tanti santi, che noi ancora preghiamo oggi. Questa infatti è una caratteristica della nostra chiesa; in ogni giorno e soprattutto nei giorni di mercato, una processione quasi continua partendo da santa Rita e da sant’Antonio, per finire alla grotta della Madonna di Lourdes ed il Crocifisso, è qui a sfogarsi con questi nostri santi. Si, perché i problemi e le sofferenze sono sempre presenti in ogni famiglia, oggi come ieri. Essi sono i nostri amici e con essi possiamo dire le nostre angosce, paure e difficoltà. Posso ripetervi una cosa che vi dico spesso? Ricordatevi anche del padrone di casa chiuso prigioniero nel tabernacolo: Gesù nella eucaristia. Ho voluto mettere una luce sempre accesa davanti a quel tabernacolo, perché non usciate di chiesa senza esservi ricordati di lui.

Una constatazione che devo fare è che la nostra chiesa è forse la più frequentata della nostra città. Nella messa prefestiva del sabato e nelle tre messe che si dicono in ogni festa, sono presenti più di mille persone. Vero anche che, in questi diciotto anni che sono in mezzo a voi, c’è stato un piccolo calo, credo fisiologico. Gli amici che ci lasciano non sempre sono sostituiti da nuove presenze. Ciò è dovuto al fatto che cresce il numero di coloro che non hanno fede, legato al costume di vita del nostro tempo; esso infatti è dovuto al fatto che, per il diffuso benessere, molti credono di non avere affatto bisogno di Dio. Possiamo anche affermare che la maggioranza delle persone che frequentano sono anziane o adulte. Naturalmente c’è l’eccezione della messa delle ore 11 che con la presenza dei bambini del catechismo, vede la presenza preponderante di famiglie giovani.

Partendo da queste constatazioni, ecco quale dovrebbe essere l’atteggiamento di tutti noi: dobbiamo essere testimoni efficaci della nostra fede in mezzo ai nostri fratelli che non credono più. Naturalmente non è il caso che ci mettiamo a fare prediche per strada! Piuttosto dobbiamo testimoniare la nostra fede vivendo da… cristiani. Praticare in modo autentico la giustizia in ogni nostro atteggiamento mi pare che sia una cosa importante. Più necessaria ancora deve essere la nostra presenza vicino a chi vive momenti di vita difficile e sofferti. Chiunque sia in questa situazione deve trovare in noi una mano valida che dà sollievo. Questo lo possiamo fare con i nostri familiari e soprattutto con i vicini ed i conoscenti. Perché non essere strumenti di pace e di fraternità con le persone del nostro condominio? E nel posto di lavoro? Il prestarci ad essere di aiuto a chi vive momenti drammatici, il fare il nostro dovere senza scaricarlo sugli altri, accogliere le confidenze che riceviamo con pazienza e partecipazione attiva e sincera… Ecco degli atti di carità che senza parole “predicano” il nostro essere cristiani. Possiamo anche prestarci a realizzare in campo politico (qualunque siano le nostre tendenze al riguardo) un servizio alla comunità in cui viviamo. Questo deve essere sempre fatto attraverso un dialogo vero con tutti, anche con chi ha opinioni ed idee diversissime dalle nostre, cercando di costruire veramente il bene della nostra città e non semplicemente il nostro successo personale.

In concreto: vogliamo essere cristiani che vivono il vangelo? Che ascoltiamo qui in chiesa ogni domenica? Questa è la strada che farà si che la nostra chiesa sia ancora frequentata, anche tra altri…otto secoli!