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Ventinovesima domenica del tempo ordinario

Dal vangelo secondo Luca

Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: «C’era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi». E il Signore soggiunse: «Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

(Lc. 18, 1-8)

Ecco un vangelo interessante per la nostra settimana! Gesù ci dice che dobbiamo pregare sempre senza stancarci mai. Certo: la mattina e la sera, la messa alla domenica! E no, non basta. Non basta un’ora alla settimana, bisogna pregare sempre, in ogni momento della nostra giornata. Naturalmente pregare non è soltanto ripetere ave Marie e Padri nostri. Bisogna trasformare in preghiera tutto ciò che siamo e facciamo. Pensate all’ascolto della parola di Dio di ogni giorno. Essa può diventare il pensiero di luce che diventa l’atmosfera in cui ci muoviamo in tutta la giornata. Essa compare in noi nei momenti di sosta mentale (stacchi dal lavoro, mentre viaggi, mentre aspetti i mezzi di trasporto, …) e ci fa continuare una riflessione sulle cose che abbiamo sentito il mattino. Poi possiamo pregare con le cose che facciamo, rendendole vive ed efficaci, sempre con la parola che conosciamo. Sentiamo fatica e stanchezza? Ecco il pensiero che va al Padre per offrire quella stanchezza e per dirgli che siamo felici di quella fatica che ci ha permesso di produrre cose buone che serviranno a molti. Ci rendiamo conto di una svogliatezza che ci fa perdere tempo? Ecco una richiesta di perdono che ci fa pigiare l’acceleratore del nostro impegno. Siamo disturbati dalla presenza di un collega che ce l’ha sempre con noi? Ecco una esercitazione quasi quotidiana per cercare di amare anche i nostri… nemici! Da questi esempi vi rendete conto che pregare non è soltanto snocciolare ave Marie, ma vivere tutta la nostra vita nella atmosfera di Dio.

C’è però adesso una seconda riflessione: ma Dio mi ascolta? Sì, perché spesse volte gli chiedo delle cose anche importanti ed esse non si realizzano proprio. Gli chiedo solo un po’ di pace in casa ed invece ottengo una serie spietata di contrattempi, di problemi che non si risolvono mai, di tensioni tra noi che esplodono tutti i momenti, come una serie di botti nelle sfilate di carnevale. Non è per caso possibile che lui sia un poco sordo, vista l’età? Oppure sarà notte anche per lui e starà dormendo? Oppure lui è vendicativo e mi dice di no a causa di quei peccati che ho fatto e che ricordo molto bene?

Ditemi. Non sono questi i nostri pensieri quando chiediamo cose buone e queste non arrivano per niente? La risposta a questi nostri dubbi arriva proprio nel vangelo appena letto. Se anche un giudice malvagio soddisfa le richieste di una vedova petulante solo per togliersene il fastidio, non volete che il Padre vostro, infinitamente buono, non vi ascolti? Ecco una certezza che non dobbiamo dimenticare mai. La prima cosa che dobbiamo pensare è che il nostro Padre del cielo ha uno sguardo più lungo che il nostro e vede la nostra vita in tutta la sua lunghezza e sa bene cosa è indispensabile per la nostra salvezza eterna. Sì, perché questo è il nostro vero e più importante traguardo della nostra vita. Poi c’è una cosa ancora più importante che non dobbiamo dimenticare mai. In questa vita terrena nessuno è esentato dalla sua “via crucis”; la sofferenza e la stessa morte devono essere messe in conto per tutti. In questi momenti tragici, dobbiamo continuare a credere che il nostro Padre del cielo ci ama e ci tiene nelle sue mani, senza abbandonarci mai.

Comprendiamo allora bene le ultime parole di questo vangelo: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà ancora fede sulla terra?” Non sembra subito proprio chiaro perché queste parole siano messe proprio lì. Eppure è evidente! Non sono un rimprovero, ma piuttosto con tale domanda Gesù ricorda ai discepoli di ogni tempo, che la misura della fede è quella della preghiera. Pregare non significa riempirci la bocca con parole vuote; significa piuttosto fare la volontà del Padre, camminando nella nostra storia con cuore puro e semplice, disponibile ad accogliere il regno di Dio. Questa domanda conclusiva è dunque una accorata esortazione alla perseveranza. Ciascuno di noi dunque sia perseverante nella preghiera, perché quando lui verrà alla fine del nostro tempo, possiamo essere trovati degni di entrare con lui nel banchetto delle nozze eterne.