Un altro vangelo importante per questa domenica di ferie. E’ la continuazione immediata di quello di domenica scorsa, nel quale col la parabola del ricco che pensa di godersi i beni ammucchiati ed invece muore, lasciando qui tutto. La nostra vita non dipende dai beni che possediamo ma dal Padre. Anche se siamo in pochi a pensarla così (Gesù ci chiama “piccolo gregge”), Il Padre da a noi un regno. E’ quello il traguardo a cui dobbiamo tendere, è questa la vera salvezza preparata per noi dall’amore infinito di Dio. Se abbiamo questa fede nessuno ci può derubare di questo tesoro.dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno. Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
[ Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». ]Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più». (Lc. 11, 31–48)
La novità di questa domenica arriva adesso. Gesù ci dice che siamo suoi servi e dice che dobbiamo avere la veste stretta ai fianchi e la lampada accesa, perché il nostro padrone può arrivare anche nel mezzo della notte o prima dell’alba. Noi naturalmente dobbiamo essere pronti ad aprirgli in qualunque momento. E’ facile questa attesa? Certamente no e per diversi motivi. Essa infatti mette a dura prova la nostra pazienza. Dopo un po’ siamo assaliti dai dubbi. Mi conviene perseverare su questa strada? Non è meglio che io faccia come tanti altri, fregandomene di questo vangelo e facendo il comodo mio? Per questo l’attesa si rivela stressante e cerchiamo di ingannare il tempo in sciocchezze che ci aiutino ad avvertire meno la stanchezza ed a superare la fatica. L’attesa inoltre può generare ansia ed addirittura paura. Quando verrà il mio turno, cosa troverò? E se fosse tutta una illusione e dopo non ci fosse nulla?
Gesù ci invita ad attenderlo nei tanti incontri nei quali lui ci viene incontro: amici o sconosciuti, ricchi o poveri, genti di casa nostra o stranieri, ci invita ad impegnare tutte le nostre energie per servire lui in loro. Ci chiama “beati” se riusciamo a restare vigilanti senza venire meno. E’ una questione di energie che possiamo rinnovare nell’ascolto di lui e nella sua eucaristia. E’ una questione di forza d’animo, ma soprattutto è una questione di cuore; proprio così: dove è il nostro tesoro, li è anche il nostro cuore. Se vogliamo davvero bene a qualcuno anche le incombenze più dure e faticose ci riescono più facili e ci pesano di meno.
Spesso diciamo: “Mi sono dimenticato…mi è sfuggito!”. In questo modo inconsciamente diciamo che quella cosa l’avevamo classificata come secondaria, non importante. L’incontro del Signore nella persona del nostro prossimo non deve mai essere qualcosa di secondario. E sempre questa relazione che da significato alla nostra giornata.
Non parliamo poi dell’ultima chiamata, che lui ci farà al termine della nostra vita qui sulla terra! Non facciamo gli scongiuri nel pensare a questa cosa che poi è la nostra morte. Sappiamo piuttosto vederla come l’episodio più decisivo della nostra vita. E’ li infatti che confluisce la nostra speranza ed in quel momento si gioca la nostra salvezza: la vita eterna di risorti. Non vi sembra che valga la pena di tenere gli occhi bene aperti?
Volete una buona preghiera per ogni giorno quando ci svegliamo? “Grazie, Signore per il giorno che mi dai. Chiamami quando vuoi, ma fa che la mia lucerna sia accesa!”