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Terza domenica di Quaresima

dal vangelo secondo Luca
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
(Lc. 13, 1 – 9)

Gesù e la cronaca? Sembra proprio di sì, anche se non è la cronaca che ci arriva ogni minuto con i mezzi di comunicazione moderni. Di solito dei fatti più impressionanti tutto il mondo li vive in diretta mentre accadono, siano essi gli attentati in nuova Zelanda oppure il sacco in centro a Parigi dai soliti e puntualissimi gilet gialli. Allora le notizie venivano portate solo da un passa parola di chi si spostava da dove era accaduto il fatto al villaggio vicino. Poi la catena lentamente si allungava, se il fatto era rimarchevole, arricchendosi di particolari “frange” che finivano per stravolgerne la sostanza. In questo modo una pioggia abbondante poteva nel tempo diventare il…diluvio universale.

Il fatto riferito oggi a Gesù non è ancora deformato, ma intanto il vezzo del passaparola ha già aggiunto una nota di merito: chissà che grandi peccatori erano quei galilei per essere massacrati mentre offrivano a Dio dei sacrifici! Gesù unendo a questo un altro fatto increscioso (la torre di Siloe che cadendo aveva fatto diciotto vittime) sente il bisogno di correggere un modo di pensare vecchio come il mondo. Anche noi infatti, quando ci capita una disgrazia, siamo soliti rampognare Dio dicendogli: “Che male ho fatto, per essere castigato cosi?” ecco dunque una prima lezione importante: il male che ci capita non è il “fulmine di Giove”. Se Dio fosse cosi vendicativo. l’uomo si sarebbe estinto, subito dopo essere uscito dal paradiso terrestre! Invece il nostro Dio è “grande e misericordioso e non ci ripaga secondo le nostre colpe”. Piuttosto dobbiamo renderci conto di una cosa: spesso il male che ci capita è conseguenza della nostra stupidità. Stai guidando e parli con il telefonino? Non meravigliarti se poi finisci in un fosso e (se va bene) all’ospedale. E se va mal…al cimitero. Oppure se dai corda agli inviti discreti di una donna che non è la tua, ti meravigli che poi la tua famiglia si sfasci? La sofferenza che ne segue non è castigo di Dio, ma il frutto della tua stupidità.

A questa considerazione Gesù aggiunge la parabola che abbiamo appena ascoltato, quella del fico sterile. Il padrone del campo aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna; passano gli anni, un mare di belle foglie, ma di fichi nemmeno l’ombra. Allora decide di dire al suo bracciante di sradicarlo. Chi è questo bracciante che prende la parti del fico sterile? “Padrone, lascialo ancora questo anno. Io lo zapperò intorno, gli metterò del concime e vediamo se porterà frutto. Per tagliarlo avrai sempre tempo!” Ma Gesù naturalmente! Il Padre del cielo manda lui a morire per la nostra salvezza. Lui è il buon pastore che va cercare la pecora che si è perduta; quando la ritrova se la mette sulle spalle e la riporta all’ovile. Lui è il medico che non guarisce solo le malattie del corpo. Anzi questi miracoli sono solo il segno di una guarigione più importante: quella del cuore. Ricordate? Gli portarono un paralitico in barella scoperchiando il tetto e Gesù gli dice: “Ti sono perdonati i tuoi peccati”. Poi di fronte allo sconcerto della folla, soggiunge: “cos’è più facile dire: ti sono perdonati i peccati o dire alzati e cammina? Ebbene, perché sappiate che io i peccati li perdono davvero, alzati, disse al paralitico, prendi il tuo lettucci e vai a casa”.

La nostra vita dunque è tutta sotto il segno della misericordia. Nessuno è punito da Dio, ma anche il più mostruoso criminale che è nel braccio della morte, se comprende il male fatto e chiede perdono, sarà perdonato e sarà salvo. Ricordate il ladro crocifisso con lui? “Signore ricordati di me quando sarai nel tuo regno!” Si sente proclamato santo: “Oggi sarai con me in paradiso”.

Ecco il frutto che il Padre cerca in noi: il nostro pentimento sincero. Sincero perché, pure nella nostra misera fragilità, cerchiamo di fare meglio e con la preghiera e la forza dei sacramenti magari un poco ci proviamo.
Non ci riuscire mai del tutto. Perché? La salvezza definitiva ce l’ha già meritata lui, morendo sulla croce. Noi dobbiamo soltanto crederci!