Dal Vangelo secondo Giovanni:
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
(Gv.2, 1 -11)
Alcune domeniche del tempo ordinario ci porteranno fino alla quaresima. Non leggiamo oggi il vangelo di Luca che ci accompagnerà in quasi in tutte le altre domeniche, bensì il vangelo di Giovanni che ci racconta l’episodio delle nozze di Cana. Praticamente dopo il celebre prologo, è l’inizio di questo vangelo. Perché questa eccezione? Certamente non è per la brevità del vangelo di Luca, che anzi è piuttosto corposo. La ragione si può forse trovare nel fatto che si vuole dare un indirizzo di lettura che spieghi il perché della intera vicenda di Gesù. Non ditemi che sono folle se accosto questo miracolo alla pagina delle “beatitudini”, con cui Matteo inaugura il suo vangelo. Si Gesù viene per chiamarci beati, cioè pienamente felici. Nel vangelo di oggi quelle grandi anfore riempite di acqua Gesù le muta in vino; un vino eccellente, il migliore di tutto quello che gli invitati alle nozze hanno già abbondantemente bevuto. Non ci vuole molta fantasia per vedere alla fine tutti lasciare la tavola con passo barcollante e pensarli la mattina dopo con un poderoso mal di testa!
Che Fai Gesù? ci inviti alla ubriachezza? Conoscevi bene la storia di Noè, che dopo il diluvio vedendo le viti riemerse ed i loro bellissimi grappoli, li aveva spremuti e aveva ecceduto nel bere quello splendido vino novello. Una sbronza (la prima in assoluto!) di cui abbiamo notizia negli scritti di ogni letteratura. Non abbiamo tracce di scomuniche nella parola di Dio di questo elisire, anzi quando si parla di vino si dice che “rallegra il cuore degli uomini”. In fondo, il Signore ci dice che una congrua quantità di vino ci rende beati, perché fa passare quello che nel nostro dialetto si dice:”sagrin”. Un modo birichino, ma reale per parlarci del programma che Gesù vuole realizzare per tutti, L’euforia, la gioia, la felicità.
E’ vero questo? Tanti ci accusano che noi cristiani siamo persone tristi ed inibite da quei troppi no che i comandamenti ci impongono. Se hanno ragione loro è perché noi non abbiamo capito ciò che il Padre e Gesù hanno fatto per noi. Il Padre infatti a mandato lui, suo Figlio a morire per noi perché potessimo superare il nemico che nessun uomo può vincere: la morte. Inoltre Gesù sempre con noi ci è vicino anche in tutte i passi della nostra vita, anche i più difficili e dolorosi. Di che cosa noi dobbiamo avere paura dunque? La nostra città ha vissuto nei giorni scorsi un dramma tremendo: la morte di Andrea, un giovane amministratore della nostra città. Il nostro duomo non poteva contenere le migliaia di persone che lo piangevano. Anche io avevo gli occhi pieni di lacrime, ma nel mio cuore avevo la certezza che lui era nato alla vita stessa di Dio nella, felicità senza fine.
La morte, le sofferenze morali e materiali, le fatiche che ci svuotano di energie sono la dura realtà della nostra vita e lo sappiamo bene. Non cerchiamo di stordirci per dimenticare queste realtà negative; anzi, le affrontiamo con coraggio, tendendo sempre ad assaporare con gioia il giorno del riposo e le piccole gocce di felicita che a volte ci ristorano. Si, perché noi siamo fatti proprio per questo: la felicità e la cerchiamo, a dispetto di tutti i guai che dobbiamo attraversare, fino all’ultimo istante della nostra vita.
Che sarebbe la vita se noi non credessimo nella risurrezione? Una illusione senza senso, indegna di essere vissuta. Capite adesso perché Gesù chiama beati quelli che piangono, che hanno fame e sete, che sono poveri e perseguitati? Per il semplice motivo che ci attende una festa divina, nella quali il vino buono non può mancare. E a questo banchetto sono invitati tutti, nessuno escluso. Nemmeno il barbone trovato morto stamattina, avvolto in stracci che non hanno saputo difenderlo dal gelo impietoso di queste notti di inverno.