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Trentesima domenica del tempo ordinario

Dal Vangelo secondo Marco:
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

(Mc.10,35-45)

In questa domenica ci viene offerto il miracolo del cieco di Gerico, secondo il vangelo di Marco. Diamo evidenza a due particolarità di questo miracolo. La prima è che questo cieco guarito ha un nome; si chiama Bartimeo, mentre non mi pare che ci siano altri guariti da Gesù il cui nome sia ricordato. La seconda caratteristica è che questo uomo grida a Gesù la sua richiesta. E non lo scoraggia nemmeno la folla che gli dice di tacere. Perché la folla si comporta così? Questo mi fa venire in mente la tentazione che provo di far stare zitte quelle quattro vecchiette che prima di iniziare il rosario fanno la loro chiacchierata con toni un po alti, perché l’udito è con l’età è piuttosto diminuito. Vinco di solito questo fastidio pensando che quelle vecchiette (molte di esse vivono da sole!) forse sono le uniche parole che scambiano nella giornata. Dunque Bartimeo grida più forte e finalmente Gesù lo sente e dice alla gente di chiamarlo. Anche la gente che lo voleva zittire si fa premurosa: “Coraggio! Alzati, ti chiama”. Ed ecco il rottame che sedeva ai margini della via si rianima: balza in piedi, butta via l’unico suo bene (il mantello) e va da Gesù. il Signore, anche se sa benissimo che è un cieco, parla con lui: “cosa vuoi che io faccia per te?” e gli ridona la vista. E questa non è l’unica salvezza, perché quello che era cieco adesso si unisce alla folla che scorta il Signore verso Gerusalemme, oramai vicina.

Cosa può insegnarci questo racconto? Mi è venuto in mente che molti personaggi del vangelo si avvicinano a Gesù in modi diversi. Questo si avvicina a Gesù urlando. Invece la donna che soffriva da tanto tempo di perdite di sangue cerca soltanto di toccargli di nascosto il lembo del mantello. La donna peccatrice avvicina il Signore entrando nella casa del fariseo che lo aveva invitato a pranzo, bagnandogli i piedi di lacrime asciugandoglieli con i capelli e profumandoli con un’essenza preziosissima. Zaccheo sale sull’albero per vederlo ed invece è Gesù che vede lui e si auto invita a casa sua per pranzare. La donna samaritana non si sognava di incontrare Gesù ed è lui che la provoca chiedendole da bere… Insomma, Gesù accoglieva tutti e cercava tutti in qualunque modo gli arrivassero vicino.

Che ne dite? Parliamo di accoglienza? Sapete? Ho scoperto che in questo nostro tempo dove molti non sanno quasi più niente del Signore il modo di accogliere le persone è una componente essenziale e determinante per la fede e di conseguenza per la salvezza. Vi ricordate? Siamo partiti dall’accoglienza delle famiglie che hanno bambini piccoli. Avete visto domenica scorsa? Quasi un centinaio di famiglie giovani affollavano la messa delle undici ed al Padre nostro un mare di piccoli erano vicini all’altare a recitare il Padre nostro. Oppure pensavo ai funerali. In questi casi la chiesa si riempie di persone che dimostrano la loro amicizia alla famiglia che ha subito il lutto. Ci sono in questo caso molte persone che non credono più; ci sono molti giovani che dopo il catechismo non abbiamo più visto. Cerchiamo sempre di dire a queste persone la nostra amicizia sincera, la gioia senza secondi fini di averli con noi, l’offerta di un momento bello che si può vivere insieme. Credete! Senza giudicare nessuno, ma dando a loro la gioia di averli con noi anche solo in quel piccolo momento forse possiamo lasciare in loro la nostalgia di qualcosa di più bello e di più importante.

E sul piano personale come testimoniare Gesù alle persone che avviciniamo? Vi ho già detto di non fare prediche e giudicare chi abbiamo davanti per quello che è, o per la fama piuttosto brutta che ha. Vediamolo come il Signore vedeva le persone: un fratello da amare a cui donare noi stessi. Cerchiamo di accoglierli nei loro sfoghi, di ascoltarli, di interessarci ai loro problemi se ne parlano e soprattutto portiamoli nel nostro cuore con la preghiera. Questo ci fa condividere un poco la loro vita. Così, quando ci ritroviamo, non importa il tempo che è passato, noi riprendiamo il dialogo la dove lo avevamo interrotto.

Naturalmente noi siamo convinti che non salviamo nessuno, credendo sinceramente che chi salva è il Signore. Noi siamo soltanto degli amici, dei fratelli veri che offrono con discrezione e con un sorriso la ricchezza che hanno: la fede. E naturalmente si guardano bene dal credersi superiori e dal fare… prediche.