CRISI UCRAINA
EMERGENZA COVID-19

NOTIZIE e APPROFONDIMENTI

Ventisettesima domenica del tempo ordinario

Dal Vangelo secondo Marco:
In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

(Mc.10,2-16)

Una riflessione sulla famiglia, per la situazione che stiamo vivendo si impone. Vi dico che è un pensiero su cui rifletto da parecchio tempo, visto come in questi anni la situazione della famiglia sia profondamente cambiata. Divorzio ed aborto sono fenomeni che riconosciuti dalla legge italiana sono diventati fatti oramai scontati. In più da diversi anni i giovani non si sposano quasi più, mettendo la convivenza come un periodo di prova, ritenuto importante. Va da se che il periodo della presunta prova si prolunga a tempo indeterminato e spesso sfocia in un lasciarsi, raramente consensuale, quando una parte si stufa o trova di meglio. Un ripensamento avviene quando i conviventi sono in attesa di un figlio, ma non è detto che il fatto si trasformi in un matrimonio celebrato, spesso nemmeno con rito civile.

Necessario dunque per noi credenti rifarsi a ciò che Gesù ci dice su questo sacramento, fondamentale per la vita della chiesa e della stessa umanità. La domanda che mi assilla è proprio questa: “Come parlare di amore, di fedeltà, di indissolubilità in questa nostra situazione?” Il punto di partenza, ineludibile, sta proprio nelle parole che stamattina abbiamo sentito due volte, nella prima lettura e nella risposta di Gesù a chi lo interrogava. Dio, amore infinito, crea l’uomo a sua immagine, cioè capace di amare. Ma l’uomo da solo, pure padrone di un mondo intero è triste: non trova una realtà simile a se. Per questo Dio dalla stessa carne crea la donna e l’uomo diventa poeta: “Questa è carne della mia carne, osso delle mia ossa”. L’amore di un uomo per la sua donna ha dunque questo fondamento divino dell’amore del Dio unico, ma nelle tre persone del mistero della trinità. Questo amore deve dunque essere assolutamente senza limiti altrimenti…non sarebbe amore! Cosa sarebbe? Una presa in giro. Cosa penseresti di uno che dicesse di amarti, solo se le cose vanno bene? Che si tratta di un grande egoista perché nella nostra vita, imperfetta e soggetta alle variazioni di bene e male, niente può essere sempre e solo idillio. E questa è l’illusione della convivenza tanto di moda. Questa esperienza si scontra inevitabilmente con i tanti limiti ed imperfezioni che ogni persona inevitabilmente porta con se. E quindi motivi per piantarsi sono sempre presenti.

Che fare dunque? L’amore è per sua natura totalizzante, ma vista la nostra fragilità è necessario che prima di tutto tra i fidanzati ci sia una matura riflessione. Per questo una decisione deve maturare in un individuo adulto. Questo si scontra con un fenomeno proprio del nostro tempo, nel quale l’adolescenza si protrae ben oltre i vecchi limiti. E’ normale che i giovani siano demotivati fino a quasi trenta anni sia perché studiano ancora, sia perché trovare un lavoro stabile resta una impresa quasi impossibile. Naturalmente l’innamoramento parte sempre alla solita età dello sviluppo fisico e genera quindi, vista anche la assoluta libertà sessuale che nel frattempo è diventata normale, una serie di incontri inevitabili e piuttosto precari. Per superare queste difficoltà è necessario educare i nostri giovani a relativizzare questi incontri precoci vedendoli come una “scuola” che attraverso sbagli e compromessi ci insegna ad amare. Inoltre è necessario far capire che l’uso della sessualità in modo fisico deve non essere un uso immediato e comune, altrimenti prima dell’età adulta si diventa tranquillamente dei…promiscui. So che queste cose sono tremendamente difficili e contro corrente. Per questo è necessaria una crescita vera nella fede ed un rapporto di preghiera intenso ed incarnato nella vita. Insomma, l’educazione all’amore e al matrimonio deve avvenire nell’ambito famigliare fin dalla nascita di un figlio. Come? Facendolo innamorare dell’amore che si respira in casa tra papà e mamma.

Sono un illuso a dire questo? Forse molti di voi che ascoltate adesso lo pensate. La durezza del cuore, di cui parlava Gesù a proposito di Mosè che aveva concesso il divorzio, è presente anche oggi e noi la dobbiamo usare con la misericordia verso gli inevitabili errori che genitori e figli inevitabilmente facciamo. Dobbiamo quindi con pazienza e serenità affrontare le difficoltà con l’aiuto di Dio. Papà e mamma devono lasciar vedere ai figli la fatica con cui ogni giorno salvano il proprio rapporto di amore con il perdono, con il dialogo e con la pazienza che quotidianamente ci si scambia. E naturalmente anche con la felicità manifestata dello stare insieme.

Lo sfacelo della famiglia esisteva anche quando Gesù ci presentava questo altissimo ideale di amore. Eppure i credenti lo hanno presentato e lo hanno fatto emergere come una realtà possibile. Anzi, normale. Forse è ora di crederci e di incominciare.