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Nascita di Giovanni Battista

Omelia 23 Giugno 2018

Dal Vangelo secondo Luca

Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui. Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.

(Lc,1, 57 – 66-80)

Le ultime parole famose: non ci saranno più feste fino alla fine di novembre. Avevo detto questo due domeniche fa ed ecco oggi la prima smentita: celebriamo la festa della nascita di san Giovanni Battista, che cade il 24 di giugno. Questo santo ha un posto rilevante nei Vangeli e di conseguenza nella liturgia. Nasce tre mesi prima di Gesù e conosce il Messia prima di nascere, sussultando di gioia nel seno di Elisabetta, quando essa incontra Maria. E’ l’unico santo oltre a Gesù e sua madre di cui si celebri il giorno della nascita; per tutti gli altri infatti si celebra la loro nascita al cielo, cioè il giorno della loro morte. Di lui si parla nel tempo che ci prepara al Natale, poi nella quaresima ed infine nel giorno del suo martirio. Come possiamo constatare si tratta di una presenza corposa che sottolinea l’importanza di questa figura per la nostra fede.

In che cosa consiste questa importanza? Per capire questo dobbiamo sottolineare una sua caratteristica evidente: lui precede sempre ed annuncia il Messia. Nella nascita prima di tutto. Quel nome, che non rientra nella tradizione di Elisabetta e di Zaccaria, stupisce tutti ed inizia a suscitare nella gente presentimenti che si esprimono in quella domanda: “Che sarà mai questo bambino?” Poi, quando Gesù lascia Nazareth per diventare un uomo pubblico, stupisce lo stesso Giovanni, che se lo trova davanti in mezzo ai peccatori che sta battezzando. In quel preciso momento il Battista si rende conto che Gesù è proprio il salvatore che lui annuncia; per questo protesta dicendo: “Sono io che devo essere battezzato da te!”. Ma vede i cieli aperti, lo Spirito scendere su di lui e la voce del Padre che dice: ”Questi è il figlio mio, l’amato. Ascoltatelo!” Per concludere possiamo affermare che Gesù non raggiunge la gente, senza essere preceduto ed annunciato da questo suo profeta.

Questo vale sempre? Anche oggi per noi? Sembra proprio cosi, visto che i credenti vengono definiti “popolo regale, sacerdotale e profetico”. Regale perché con Cristo, che risorto che porta in cielo la nostra fragile carne, anche noi credenti parteciperemo a questa infinita grandezza. Infatti oggi, battezzando Angelica, la ungerò in fronte con il crisma, l’olio con cui si consacravano i re. Noi poi siamo un popolo di sacerdoti tutte le volte che celebriamo con Cristo l’eucaristia, l’unico sacrificio che con la sua morte e risurrezione ci salva.

In che cosa consiste invece la nostra dignità profetica? Vediamolo ora diffusamente. Gesù ha predicato per un breve lasso di tempo nella piccola Palestina, ma ha soprattutto istruito i suoi discepoli, perché portassero in tutto il mondo il suo messaggio di salvezza. Dunque gli apostoli ed i loro successori hanno questo compito specifico. Oggi il Papa, i vescovi ed i sacerdoti vivono nel tempo questo compito essenziale. Credo che per me il preparare la predica sia il lavoro più importante della settimana; non posso relegarlo nel ripetere ciò che ho detto anni fa, ma devo riflettere sulle parole di Dio, poi incarnarle in me con convinzione. Infine devo calarle in ciò che vedo con voi succedere nella nostra settimana. Vi devo confessare che è un compito davvero esigente. Oltre a questi profeti scelti dal Signore, vi sono nel tempo persone dotate di un occhio penetrante, suscitate da Dio per suggerire alla chiesa ed alla umanità intera alcune strade importanti. Penso a Benedetto che nella oscurità delle invasioni barbariche fonda i monasteri. Essi per secoli diventano in quei tempi bui veri fari di luce, non solo come punti di rifugio nella più totale anarchia, ma anche tramandando un sapere antico che getterà le basi di nuove civiltà. Penso a Francesco che in un mondo di sfrenata ricerca del potere anche nella chiesa, parla ed incarna una povertà veramente evangelica. Penso a dei preti del nostro tempo come don Primo Mazzolari ed altri meno conosciuti che anticiparono il concilio vaticano secondo. Penso a figure come Gandhi, Nelson Mandela o Martin Luther King, profeti della non violenza e della uguaglianza tra i popoli…

E’ finita qui? Niente affatto sono tutti i semplici e veri credenti ad essere profeti. Non ci credete? Sono convinto che senza l’opera umile ed efficace di una serie infinita di papà e di mamme il cristianesimo forse sarebbe ridotto ad una piccolissima congrega di saggi, chiusa in se stessa e senza voce nel mondo. Sono convinto che, senza il vostro sincero e quotidiano sforzo di amore, di misericordia, di compassione, di giustizia, la vita della chiesa sarebbe qualcosa di inefficace e privo di senso. Siamo un popolo di profeti, cioè di persone che nell’oscurità di questo nostro tempo, rifulgono come lucciole nella notte. Troppo poco? Ma per chi si trova nella confusione totale, nella disperazione più cupa, anche la luce di un piccolo cerino può significare salvezza!