Dal Vangelo secondo Marco.
“In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.”
“Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il Vangelo di Dio, e diceva:
(Mt.1, 12-15)
Eccoci nel deserto annuale della nostra Quaresima. Ma come! E’ tutto qui il Vangelo di questa domenica? E le pietre che diventano pane, o il buttarsi dal campanile del tempio? Bene quest’anno leggendo il Vangelo di Marco dobbiamo fermarci su queste poche righe e forse, abbracciando la sua impostazione, scopriremo nuove prospettive.
Dopo il battesimo ricevuto da Giovanni, “subito” (la fretta che l’evangelista mette nel suo scritto incomincia a diventare evidente) Gesù è letteralmente spinto dallo Spirito nel deserto e qui subisce una innominata tentazione. Non si tratta della tentazione della carne o della superbia, ma di una tentazione radicale: tu che Messia vuoi essere? Un dominatore politico, che governi con la forza, oppure un servo del Padre, che gli obbedisce fino alla morte? Si tratta come vedete di una scelta essenziale che non riguarda solo alcune occasioni della sua vita, ma la comprende tutta: su chi fondi la tua vita? Sul Padre o su te stesso? Verso questa direzione Marco ci indirizza con quelle parole sempre per me enigmatiche, mai capite e quindi trascurate: “stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano”. Adesso mi pare evidente il riferimento al paradiso terrestre. Esso era per Adamo un posto felice ed idilliaco dove bestie feroci, uomo ed ogni creatura vivevano in pace. Il peccato del primo Adamo sconvolge questo ordine e gli angeli non servono più l’uomo, ma sono gli arcigni custodi del paradiso perduto. Qui, nel deserto si ritrova l’equilibrio primordiale le fiere, l’uomo e gli angeli vivono in pace, perché Gesu sceglie la volontà del Padre.
Gesù dunque va nel deserto, il luogo normale e faticoso, dove l’uomo, esiliato dal paradiso terrestre, strappa il necessario per vivere, tra “triboli e spine”. Il deserto è dunque prima di tutto il luogo inospitale dove si vive la solitudine, perché l’equilibrio tra le persone è reso difficile dall’egoismo. Poi è il posto dove si soffre la fame e la sete perché l’egoismo non facilita la distribuzione giusta delle risorse fondamentali tra le persone. Ma venendo alL’esperienza del popolo che esce dalla schiavitù e si incammina verso la terra promessa, il deserto è pure il luogo dove l’uomo e Dio si fidanzano con la legge del monte Sinai. Poi, sperimentando il proprio limite ed il proprio bisogno, il deserto educa l’uomo a essere figlio, a trasformare questa necessità in grido al Padre, giorno dopo giorno. Come un papà si prende cura del proprio bambino, così il Padre del cielo nutre il suo popolo con la manna, lo disseta con l’acqua scaturita dalla roccia. Più ancora lo fa vivere con la sua parola; così il branco di schiavi fuggitivi viene ricreato da questa parola e diventa un “popolo” temprato e forte. Gesù, rimasto nel deserto, viene rafforzato nella sua decisione di essere servo obbediente del Padre. Per questo, subito dopo che ha sentito della prigionia di Giovanni, esce ad annunziare che il tempo è compiuto e che il regno di Dio è vicino. Incomincia così la sua missione, partendo proprio dal messaggio del suo profeta: “convertitevi e credete al vangelo.”
Vi stupite della grande ricchezza che le poche parole del Vangelo di oggi ci fa scoprire? Vi garantisco che io sono più stupito di voi ed anche… felicissimo di questa scoperta. Entriamo dunque con gioia in questa Quaresima ed essa sia per noi un tempo di rinnovamento, quindi di nuova giovinezza. Ristabiliamo prima di tutto in noi una nuova armonia in un intreccio sapiente di scelte che ce ne fanno sperimentare la bellezza. Pensiamo alla nostra vita che nel suo svolgersi ci presenta imprevisti ed abitudini, cose buone e cose faticose. Insomma, anche noi come Gesù dobbiamo convivere con angeli e bestie feroci e la nostra fede che cerchiamo di rendere adulta, deve creare tra questi opposti una convivenza possibilmente equilibrata.
Questo cerchiamo di fare con le opere che una lunga tradizione ci offre per questo tempo. Il digiuno dai nostri molteplici e robusti appetiti. Se pensiamo al digiuno dal cibo vediamo che non lo facciamo mai e come conseguenza dobbiamo poi sottostare a quella dieta ferrea che il restare vivi ci impone. Perché dunque in questi giorni non disciplinarci un poco per prevenire queste situazioni negative? Perché non rifiutare l’uso smodato di telefonini e di immagini? Questo digiuno forse ci potrebbe ridare una serenità mentale che allontani da noi le angosce che spesso ci sommergono.
La seconda opera quaresimale è l’elemosina. Per carità! Non pensate allo spicciolo che date all’accattone per togliervelo dai piedi; ci sono altre elemosine che possiamo fare. Perché non dare un poco del nostro tempo e delle nostre capacità professionali in un volontariato non organizzato, ma reale e gratuito a chi vediamo in difficoltà.
L’ultima opera è la preghiera. Usciamo dai soliti gesti e parole dette come ritornelli, per cercare ogni giorno la parola di Dio che ci viene offerta nella messa. Con semplicissimi mezzi possiamo aprire un dialogo con noi stessi e con il Padre, che da novità di orizzonti alla nostra vita.
Infine, perché non dire a tutti con la nostra gioia e serenità ritrovata la prima parola che Gesù ci dice: “convertitevi, uscite dalle vostre abitudini, ringiovanitevi in questa primavera che inizia, e “credete” alla gioiosa notizia che è per tutti. Io sono con voi, nel vostro deserto e cammino con voi verso una novità di vita dove fiere, angeli e uomini riscoprono una nuova armonia e camminano verso la nuova terra promessa.”